Un’attivazione massiccia e incontrollata del sistema immunitario e una perdita dell’efficacia della sua funzione è alla base delle patologie autoimmuni, che sembrano sempre più colpire la popolazione, in particolare occidentale. Alla base di questo fenomeno può esserci uno squilibrio nelle abitudini di vita – alimentazione poco varia, sedentarietà, stress – che favorisce i fenomeni infiammatori. Non trascurabile è anche l’effetto che si ha sul microbiota intestinale e sulla variazione della sua composizione che può favorire la formazione di pro-infiammatori e diminuire le difese naturali.
Da tempo la risposta immunitaria alterata è oggetto di studio del prof. Camillo Ricordi, diabetologo di fama internazionale a capo Diabetes Research Institute dell’Università di Miami e direttore dell’unità di trapianto cellulare Cell Transplant Center insieme al prof. Enrico Garaci – già presidente dell’ISS – e la prof.ssa Maria Teresa Palamara ordinario di Microbiologia all’Università di Roma La Sapienza.
In un’intervista rilasciata a PianetaSalute, il ricercatore ha illustrato il progetto in atto, che è stato stimolato dall’emergenza della Covid 19, ma che potrà avere ricadute sulla “epidemia” di malattie autoimmuni. Il professor Ricordi con gli altri autorevoli coautori hanno infatti posto le basi di uno studio che indica come la combinazione di alcune molecole naturali comuni in molti alimenti possano avere un effetto benefico nel trattamento della Covid, grazie alla loro azione antiinfiammatoria.
Vi sono già evidenze di come le infezioni virali e infezioni polmonari possano essere la causa della risposta autoimmune contro le cellule β pancreatiche, causando il diabete di tipo 1.
Il corona virus responsabile della pandemia ha, a sua volta, dimostrato di avere come bersaglio anche le cellule pancreatiche ma anche le cellule adipose, facendo sì che le malattie metaboliche possano portare a un rischio maggiore.
È stato infatti sottolineato fin da subito che i pazienti con malattie del metabolismo e obesità manifestano forme più gravi di Covid 19, mentre popolazioni che hanno una alimentazione ricca di antiossidanti hanno risposto meglio alla pandemia.
Nella combinazione dietetica proposta dallo studio, oltre a lattoferrina, glutatione, acidi grassi e vitamina D, particolare importanza viene data agli attivatori delle sirtuine. Le sirtuine, enzimi implicati nei processi d’invecchiamento e nella difesa allo stress cellulare, sono infatti attivate da pterostilbene, resveratrolo e polidatina che hanno mostrato una loro attività diffusa nel prevenire la risposta iperinfiammatoria.
Le molecole, che si ritrovano nel vino, nei mirtilli e in molti altri alimenti comuni, sono sotto osservazione anche per la loro capacità di contrastare l’infezione da SARS-CoV-2 sia direttamente che indirettamente.
Polidatina e resveratrolo sono infatti attive contro la tempesta di citochine scatenata dal virus, grazie alla loro capacità di regolare le vie della risposta infiammatoria e la produzione di fattori da parte del sistema immunitario. In più, potrebbero avere anche un’azione diretta impedendo il legame del virus al suo bersaglio grazie all’effetto di “maschera biologica” che è stato riportato nello studio in silico che ha evidenziato la possibilità che la polidatina e il resveratrolo possano legarsi a siti specifici del virus e del suo recettore, prevenendo l’infezione.
Lo stesso prof. Giampietro Ravagnan, coautore dello studio, ha avuto modo di parlare dell’Italy Paradox, termine coniato dal dr. Giampiero Comolli, enologo di fama internazionale, per spiegare l’associazione fra consumo di cibi ricchi di polifenoli e una minore gravità delle manifestazioni della Covid.
Con le loro attività di antiossidanti e regolatoria del microbiota intestinali, questi cibi possono avere una influenza sulle risposte infiammatorie, riducendo l’attivazione della cascata delle citochine.
Il loro uso è inoltre entrato da anni nella medicina come le Terapie Oncologiche Integrate (TOI): l’apporto di questi fitochimici può infatti aiutare il malato ad affrontare meglio le cure per la propria malattia e ne migliorano la qualità di vita.
“Queste molecole sono utilizzate ormai da più di 10 anni – ricorda Ravagnan – con le prime ricerche fatte nel CNR pubblicate nel 2001 su Life Sciences con lo studio sugli effetti immunomodulanti del resveratrolo sulla risposta immune umana, poi ampliata in diverse ricerche che hanno avuto nel 2008 il sostegno del MIUR nello studio del glucoside naturale del resveratrolo chiamato polidatina; ricerche con risultati oggetto di brevetti internazionali che sono alla base della produzione di integratori approvati dal Ministero della Salute”.
La strategia d’integrazione pensata nei lavori di questi esperti ha quindi un risvolto immediato nella possibilità di trattare la sindrome post acuta da Covid 19 per ridurne la gravità, permettendo in prospettiva di studiare in modo più approfondito il legame tra infezione, tempesta di citochine e insorgenza di patologie autoimmuni come il diabete di tipo 1, la psoriasi, il morbo di Crohn, ecc.
Poiché, come il professor Ricordi sottolinea, è difficile cambiare il proprio stile di vita e ancora di più le proprie abitudini alimentari, la possibilità di integrare la dieta con complessi ottimizzati, sotto la vigilanza dell’autorità Sanitaria, per controllare la risposta infiammatoria potrebbe diminuire l’insorgenza di nuovi casi di malattie autoimmuni.
Non va poi trascurato che il tenore dei fitochimici negli alimenti è altamente variabile, mentre negli integratori è standardizzato e garantito. Inoltre, queste sostanze si sono mostrate utili alleati anche contro l’aterosclerosi, nel controllo della glicemia e nelle dislipidemie intervenendo anche sulle comorbilità che mettono a maggior rischio i soggetti che contraggono la Covid 19 tanto da portare l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a suggerire di intervenire anche a livello dell’alimentazione per migliorare la risposta alla malattia.