L’obesità, patologia sempre più diffusa e che porta a un aumentato rischio di sviluppare diabete di tipo2, cardiopatie ed eventi ischemici, è caratterizzata dall’infiammazione di basso grado, dalla resistenza all’insulina e dalla resistenza alla leptina.
In particolare, le resistenze all’insulina e alla leptina determinano un’alterazione dei segnali di sazietà e di accumulo di massa grassa che causano un aumento del peso con evidenti difficoltà nel riuscire a ristabilire la normale omeostasi corporea e l’equilibrio fra calorie assunte e dispendio energetico.
La capacità del sulforafano, molecola vegetale che si forma a partire dalla glucorafanina di broccoli e cavoli, di modulare le vie infiammatorie e di facilitare la rimozione delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) ha portato i gruppi di studi della University of Michigan e della Vanderbilt University a verificare un legame fra l’assunzione di sulforafano come integratore alimentare e il trattamento dell’obesità.
In un approfondito studio condotto sui topi, sono state verificate le ipotesi di partenza e ricercati i meccanismi che consentono al sulforafano di rivertire i meccanismi obesogeni e ridurre la resistenza alla leptina.
La leptina è un ormone prodotto dalle cellule adipose che funge da segnale al cervello per ridurre l’appetito. Nelle persone obese si è evidenziato uno stato di resistenza: la leptina prodotta non è più in grado di portare le sue informazioni a livello del sistema nervoso centrale e quindi di regolare il senso di fame e sazietà.
In associazione a ciò, anche la resistenza all’insulina non permette il fisiologico utilizzo degli zuccheri che quindi aumentano nel sangue portando alle conseguenze dovute alla glicazione delle proteine e all’attivazione di vie infiammatorie.
Il sulforafano si è già dimostrato in grado di poter essere utile nel diabete di tipo 2 grazie ai suoi meccanismi antinfiammatori, tanto che le sue proprietà antidiabetiche sono paragonabili al farmaco antidiabetico più ampiamente prescritto metformina.
Tuttavia, i ricercatori statunitensi hanno dimostrato che l’effetto del sulforafano è pleiotropico e non legato solamente alla sua capacità di risolvere l’infiammazione attraverso il fattore di trascrizione nucleare 2-like 2 (NRF2) derivato dall’eritroide, il principale regolatore dell’omeostasi redox.
Attraverso lo studio sui topi in cui era stata indotta obesità alimentare, è stato possibile annotare come il sulforafano sopprima la sintesi degli acidi grassi, riduca l’accumulo di ROS, riduca la resistenza alla leptina.
Una volta ristabilito infatti un regime alimentare idoneo, i topi che avevano anche un’integrazione con sulforafano, rispetto al controllo, avevano una maggiore perdita di massa grassa, nessuna perdita di massa magra e mantenevano la loro normale attività fisica.
Si è evidenziata anche una variazione nel quoziente respiratorio, parametro che indica un maggior uso dei grassi come fonte di energia rispetto ai carboidrati.
Il risultato non solo evidenzia che c’è un’effettiva azione sulla mobilitazione dei depositi di grasso, ma anche che la molecola non mostra alcuna tossicità.
Quello che i ricercatori sono stati in grado anche di annotare è stata la maggiore attività svolta dal sulforafano sulla massa muscolare, con una migliore capacità di risposta della muscolatura al consumo di energia per ristabilire il bilancio corporeo.
Un’altra importante risultato è aver scoperto che il sulforafano esercita la propria azione contro l’obesità proprio in presenza di leptina. I test condotti infatti sui topi incapaci di produrre l’ormone non hanno dato risultati positivi, dimostrando quindi che il meccanismo che il sulforafano utilizza per ridurre i depositi di grasso è legato alla capacità di normalizzare dei processi fisiologici che erano stati alterati. Gli effetti, nelle otto settimane di osservazione, si sono dimostrati dose-dipendenti.
Nei topi obesi trattati solo con la leptina, la riduzione del tessuto adiposo è stato inferiore rispetto ai topi trattati con sulforafano. Questo risultato conferma che il sulforafano risolve i meccanismi della resistenza alla leptina.
Ovviamente, nei topi in cui si riduce l’obesità grazie all’azione del sulforafano sono ridotti anche i livelli di acidi grassi liberi e di glucosio, con un benefico effetto sull’infiammazione sistemica di basso grado, poiché infatti sono ridotte le ROS e la formazione di molecole proinfiammatorie.
Nei topi magri usati come controllo, il sulforafano usato come integratore non riduce l’apporto di cibo, e quindi non induce una risposta anoressica, dimostrando ulteriormente il legame fra l’effetto antiobesità e la leptina.
L’integrazione con sulforafano ha poi soppresso l’espressione dei geni di sintesi degli acidi grassi nel fegato e nei tessuti adiposi bianchi, coerentemente con l’osservazione che i topi trattati con sulforafano perdono una massa grassa significativa, e ha causato una sorprendente sovraregolazione delle vie più anaboliche nei tessuti ad alta richiesta di energia.
Le evidenze accumulate con lo studio incoraggiano all’uso dell’integrazione per prevenire l’obesità e l’iperglicemia; resta da comprendere come il sulforafano possa svolgere questa sua azione insieme alla leptina e se l’attività si eserciti solo a livello periferico o anche centrale.