Fra le molte attività che presenta il resveratrolo, fitoalessina che si ritrova in vari ortaggi e frutti come arachidi, mirtilli e uva, ci sono anche effetti neuroprotettivi che potrebbero permettere di rallentare o condizionare severe patologie come la demenza. La demenza si manifesta con sintomi che influenzano la memoria, il pensiero e le capacità di ragionamento.
Le forme di demenza, che una volta venivano attribuite al naturale decadimento cognitivo senile, sappiamo oggi essere un complesso insieme di manifestazioni di patologie diverse. Dal morbo di Alzheimer alle demenze da corpi di Lewy, dalla demenza alcolica a quella vascolare, le proprietà dei fitochimici antiossidanti possono permettere di capire maggiormente le patologie e guidare al loro trattamento.
Il resveratrolo ha però lo svantaggio di avere una bassa biodisponibilità dopo somministrazione orale, a causa dell’esteso metabolismo epatico e della rapida eliminazione renale. Tuttavia, il suo glucoside, la polidatina, ha non solo maggiore biodisponibilità ma mostra azione protettiva contro i disturbi neurocognitivi, grazie anche alla possibilità di attraversare la barriera emato encefalica (BEE).
Nello studio pubblicato su Current Neuropharmacology la polidatina è stata testata in diversi modelli animali di patologie neurodegenerative, dimostrandosi capace di rallentare l’insorgenza dei sintomi e di migliorare le capacità cognitive.
Poiché il danno ossidativo e la neuroinfiammazione sono associati alla compromissione delle capacità cognitive, la polidatina può migliorare i deficit agendo in modo diretto su questi meccanismi o indirettamente, migliorando il microcircolo e la formazione di aggregati neuronali tossici.
Nei modelli di malattia di Alzheimer, la polidatina si è rivelata un potente attivatore della sirtuina 1 (SIRT1) che sopprime la produzione di beta-amiloide, notoriamente aumentata nella patologia che infatti si contraddistingue per l’accumulo di placche cerebrali formate da aggregati disordinati di proteina amiloide-β, e induce le vie di riparazione dei neuronali cerebrali. L’aggregazione di proteine porta alla formazione di strutture supramolecolari. La polidatina ha invece la capacità di inibire l’aggregazione e di revertirla, portando verso strutture ordinate non neurotossiche. Nella malattia di Alzheimer vi è anche una riduzione dei recettori nicotinici a causa di una minore espressione delle proteine che formano il recettore. La polidatina sembra capace di intervenire in questo processo portando a una sovra-espressione delle subunità α3 e α7 del recettore nicotinico neuronale, riducendone la perdita.
La demenza a corpi di Lewy è caratterizzata dalla formazione di aggregati proteici anomali, i corpi di Lewy appunto, costituiti da α-sinucleina. Gli aggregati si accumulano all’interno dei neuroni e caratterizzano il morbo di Parkinson insieme alla degenerazione dei neuroni dopaminergici della substantia nigra. Ciò porta, nel 70% dei casi, anche a demenza e problemi cognitivi. Poiché la perdita dei neuroni dopaminergici sembra essere strettamente legata ai danni da specie reattive dell’ossigeno, le capacità antiossidanti della polidatina possono ritardare la compromissione della via dopaminergica, sopprimendo anche il rilascio di mediatori pro-infiammatori.
Nella demenza vascolare, la seconda causa più comune di demenza, sono gli insulti cerebrali legati ai vasi che causano il danno neuronale. Fra le cause quindi l’infarto cerebrale da ictus ischemico o le emorragie. L’infiammazione sistemica cronica è anche associata ad un aumentato rischio di malattia del microcircolo cerebrale e allo sviluppo di demenza vascolare. La polidatina, con la sua attività di vasodilatatore, esercitato in particolare attraverso la funzione endoteliale, può essere un protettivo ma ha anche una funzione di induzione del fattore neutrofico cerebrale (BDNF), attenuando il deterioramento cognitivo, e di antiossidante.
Anche la demenza alcolica ricreata nei modelli animali sembra essere sensibile all’azione della polidatina. L’assunzione di etanolo è infatti legata a danni all’ippocampo e quindi alla memoria. Anche in questo caso l’azione antiossidante e antinfiammatoria sono ritenute fondamentali.
Ultimamente crescono le prove del coinvolgimento della microglia nei processi infiammatori a carico dei neuroni. La microglia, cellule del sistema immunitario a stretto contatto con i neuroni, è attivata nella malattia di Alzheimer e nel morbo di Parkinson. La polidatina potrebbe svolgere il suo ruolo neuroprotettivo anche diminuendo il suo coinvolgimento nei processi di deterioramento.
Questi studi preliminari sull’animale dimostrano quindi che anche la polidatina, così come già ampiamente rilevato per il resveratrolo, può avere un effetto positivo nel trattamento delle demenze, avvantaggiandosi della sua maggiore biodisponibilità.
L’approfondimento dei meccanismi d’azione e lo studio di carrier tecnologici per migliorare ulteriormente le caratteristiche farmacocinetiche della molecola sono quindi auspicabili e potrebbero offrire dei trattamenti supplementari per patologie dall’alto costo sociale e umano.